Fotoelettrochimica

R & S produzione idrogeno : Tecnologie fotoelettrochimiche

I sistemi fotoelettrochimici usano degli elettrodi semiconduttori in una cella fotoelettrochimica per convertire energia ottica in energia chimica. Esistono essenzialmente due tipologie di tali sistemi: una utilizza semiconduttori, l'altro metalli complessi dissolti.
Nel primo tipo, un materiale semiconduttore è utilizzato sia per assorbire l'energia solare sia per agire da elettrodo per la scissione dell'acqua. Questa tecnologia è ancora ai primi stadi del suo sviluppo sebbene l'efficienza di conversione dell'energia sia cresciuta da meno dell'1%, nell’anno 1974, all'attuale 8%. Efficienze ancora più elevate sono state ottenute con l'aggiunta di una carica elettrica esterna per facilitare la reazione chimica. L'azione a lungo termine di tali sistemi è limitata dalla corrosione dei materiali semiconduttori indotta dalla luce ed altri effetti chimici (National Renewable Energy Laboratory, 1995).

La ricerca attualmente si sta occupando di migliorare l'efficienza di conversione in energia di tali celle, della loro durata e della riduzione dei costi, a tale scopo vi sono progetti per l’identificazione di nuovi materiali semiconduttori ad alta efficienza e stabilità. Attualmente il materiale con la più alta efficienza è un composto (conosciuto come fosfuro di indio tipo-p) che agisce come semiconduttore. Il fotoelettrodo più stabile è il biossido di titanio, il quale, però, ha un'efficienza di conversione minore dell'1%. Entrambi questi materiali necessitano di un voltaggio esterno che faciliti la reazione di scissione dell'acqua. Sono allo studio altri materiali, che non richiedono elettricità esterna, come fosfuro di indio e gallio, semiconduttori organici stabili, e diverse nuove leghe di semiconduttori.

La ricerca punta inoltre alla scoperta di nuovi metodi per ridurre la corrosione: uno dei più promettenti è l'uso di un materiale protettivo ultra-sottile applicato sulla superficie dell'elettrodo. Nell’anno 1996, gli studi in questo campo hanno dimostrato di poter ottenere un'efficienza di conversione del 7,8%, usando un "fotocatodo" costruito per il 10% da silicio amorfo. La configurazione di questi sistemi prevedeva il collegamento tra l'anodo ed il "fotocatodo", separati, tramite un conduttore. Negli anni successivi l'attenzione si è spostata su sistemi con anodo e catodo integrati. Attualmente, si sta sperimentando il progetto di un nuovo "fotoelettrodo" integrato, fabbricato completamente con la lavorazione di una pellicola sottile, di cui sono state dimostrate le sequenze della lavorazione per la costruzione del prototipo. Di conseguenza la ricerca progredisce verso il perfezionamento di pellicole conduttive, protettive, con efficienza ottimale. Alcuni dei sistemi sperimentati hanno raggiunto un'efficienza di conversione dell'energia solare in idrogeno, del 15% (Miller e Rocheleau, 2000).

Si sta sperimentando inoltre, l’incorporazione di strati multipli di materie coloranti sensibilizzate per massimizzare l'assorbimento solare e la conversione in idrogeno. Tale progetto imita la fotosintesi, dove sistemi multipli di fotoconversione agiscono insieme per intensificare l'energia della luce solare al fine di provocare reazioni chimiche. La ricerca sta procedendo nell'area dei sistemi a bassi costi che potrebbero provenire dall'utilizzo di strati multipli di materie coloranti organiche e semiconduttori a strato sottile.

Il secondo tipo di sistemi fotoelettrochimici usa materiali complessi dissolti come catalizzatori. Il materiale complesso solubile assorbe energia e crea una separazione tramite carica elettrica che conduce alla reazione di scissione dell'acqua. La ricerca si sta occupando di individuare dei catalizzatori che possano dissociare più efficientemente l'acqua e produrre idrogeno. Questo metodo è attualmente meno avanzato dei processi con semiconduttore ma offre buone prospettive per evitare il problema della corrosione (National Renewable Energy Laboratory, 1995).

Fonte
digilander.libero.it/TesiFely/index.htm