Pirolisi e Biochar

Il biochar e la LuciaStove

LuciaStove e WorldStove sono due soluzioni promettenti per i settori agricolo, domestico ed energetico.

Sono semplici sistemi, ideati dall'inventore italoamericano Nathaniel Mulcahy, di gassificazione e pirolisi (in base alla potenza dell’impianto che può variare dai kW al MW), la cui materia prima è costituita da scarti vegetali e organici, con tasso di umidità non superiore al 30%, rendimenti energetici compresi tra l'85 e il 90% e un rendimento di combustione superiore al 93%.

Se abbinato a un motore Stirling, a turbine a vapore oppure a sistemi che impiegano l'effetto Seebeck, il sistema può produrre energia elettrica. Impianti dimostrativi di questo tipo sono già in essere o in fase di realizzazione.

Oltre all’efficienza, già osservando il modello dimostrativo in funzione risultano evidenti altre doti dell’innovativa soluzione che porta il nome di Lucia, la più fedele amica a quattro zampe dell’ideatore. Pur funzionando con fiamma a cielo aperto il sistema non emette fumi e rilascia in atmosfera quantità minime di polveri sottili e di emissioni di gas a effetto serra: si parla del 6% delle emissioni rispetto a una comune caldaia a metano da appartamento.

In una scatola da scarpe possono essere imballati ben quindici esemplari, ancora da assemblare, della LuciaStove in versione “fornelletto da campeggio”. Un ulteriore punto a favore che ha contribuito alla sua diffusione già in 27 paesi in via di sviluppo, con progetti di cooperazione, che continuano a crescere di numero ed entità, anche grazie a finanziamenti in microcredito.

Il processo virtuoso del resto vanta anche altri vantaggi particolarmente importanti, soprattutto dal punto di vista ambientale. Parallelamente alla produzione di energia termica come residuo del fenomeno pirolitico si ottiene infatti il prezioso biochar: il carbone vegetale, noto come “Terra Preta” tra gli Indios dell’America Latina, che non solo sequestra la CO2 nel suolo, sottraendola all’atmosfera - partecipando quindi alla mitigazione del cambiamento climatico, nonché al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto – ma anche migliora significativamente la fertilità dei terreni coltivati, trattenendo l’acqua e riducendo il dilavamento dei nutrienti e la necessità di ricorrere a fertilizzanti di origine sintetica.