L’insostenibilità economica del nuovo nucleare

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che disciplina la localizzazione degli impianti e individua il percorso da seguire per riavviare il nucleare e che porterà a cominciare i primi lavori nei cantieri nel 2013 e la produzione di energia elettro-nucleare al 2020 (v. Comunicato stampa).

L’iter del Governo, dunque, prosegue, nonostante gli aspetti controversi e contestati del ritorno al nucleare. Uno tra questi, decisamente non trascurabile, è stato evidenziato nel rapporto “New Nuclear – The Economics Say No” pubblicato dal Citigroup Global Market, la più grande azienda di servizi finanziari a livello mondiale, in cui si sottolinea l’insostenibilità economica dell’investimento nucleare da parte dei privati. Non è, infatti, proponibile, secondo gli analisti, che il settore privato possa accollarsi gli elevati rischi connessi a: progettazione, realizzazione, variabilità del prezzo dell’energia, vita utile della centrale e decomissionamento dell’impianto.

I dati più aggiornati si riferiscono a un costo di 2.500-3.500 €/kW, il che significa che una centrale da 1,6 GW richiede un investimento fino a 5,6 miliardi di euro. Tra le due possibilità, che i costi scendano oppure che subiscano ulteriori rialzi, la più avvalorata è la seconda. Un esempio riguarda l’impianto finlandese TVO che da 3 è passato a 5,3 miliardi di euro da quando è iniziata la costruzione. Anche rispetto alla previsione dei tempi di realizzazione – altra delicatissima incognita del settore nucleare - il caso finlandese ha riservato delle sgradite sorprese, con una dilatazione dei tempi di tre anni rispetto al piano di lavoro.

La combinazione di ritardo rispetto al piano di realizzazione e incremento dei prezzi incide sulla percentuale di profitto a vantaggio degli investitori. L’evidenza dei numeri relativi ad impianti ultimati o in corso di realizzazione dimostra che la dilatazione dei termini di consegna e l’aumento dei costi complessivi sono all’ordine del giorno. Pertanto, nell’ipotesi verosimile di dover far fronte a extra costi del 20% (da 3.125 a 3.580 €/kW) e a ritardi di due anni, si passerebbe da un costo dell’energia di 65 €/MWh a 70 €/MWh. Cifre che si discostano ampiamente dalle più rosee prospettive diffuse dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia.

Tutto, incluso l’aspetto della non sostenibilità economica, porterebbe a scoraggiare la via del nucleare, ma il Governo si mostra refrattario alla revisione delle proprie scelte. Altri numeri e altre questioni – rispetto a sicurezza, indipendenza, salute, impatto ambientale, ritorno energetico, ecc. – potrebbero far rimettere in discussione l’opzione nucleare. Si spera solamente che ciò possa avvenire in tempo utile per un’inversione di marcia indolore… o quasi.

Leggi il rapporto New Nuclear – The Economics Say No

Per approfondimenti:
Sicurezza, tre Paesi bocciano le centrali nucleari Epr come quelle che si vogliono costruire in Italia
(Fonte: Blogeko)
Uranium: The myth of clean air – CO2 production in nuclear fuel cycle
(Fonte: Columbia University, London School of Economics)
Contaminazione da uranio nel Niger
(Fonte: Greenpeace)