“Limiti dello sviluppo”: quasi cinquant’anni di accese discussioni

Il Club di Roma è celebre soprattutto per aver promosso e pubblicato, nel 1972, lo studio The limits of growth (erroneamente tradotto in italiano come I limiti dello sviluppo e noto anche come Rapporto Meadows), vera pietra miliare nella storia dell’economia ambientale.
Lo studio tratteggiava uno scenario di come – a fronte della continua crescita della popolazione – non ci sarebbe potuta essere un’indefinita crescita economica, a causa della limitata disponibilità di risorse naturali e della limitata capacità di assorbimento degli inquinanti da parte del pianeta. Un tema che oggi, come sappiamo, viene trattato ampiamente dai media, ma che all’epoca fu stroncato: i più arrabbiati erano gli economisti, spietati nella critica di un testo che metteva in discussione il mito fondamentale della crescita.  

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Questa immagine è una delle prime rappresentazioni - risalente al 1971 - dei risultati dello studio sui The limits of growth, in cui si può vedere come “la crescita della popolazione (P) fa crescere la richiesta e la produzione di merci (Capital investiment – C); di conseguenza diminuirebbe la disponibilità delle risorse naturali non rinnovabili (Natural resources – R), crescerebbe l’inquinamento (Pollution) e diminuirebbe la qualità della vita (disponibilità di cibo, epidemie, conflitti) con conseguenti limiti alla crescita della popolazione  e della produzione di merci che diminuirebbero in un ipotetico XXI secolo” (Giorgio Nebbia, cit.).
 

In realtà, il dibattito su queste ipotesi formulate quasi cinquant’anni fa non si è mai arrestato. Nel 2011, il professor Ugo Bardi dell’Università di Firenze ha ripreso lo studio del Club di Roma, analizzandolo alla luce di quanto avvenuto negli ultimi decenni, pubblicando il volume The limits of growth revisited (I limiti alla cresciti rivisitati). Il grande interesse del libro sta nella ricostruzione storica degli eventi che hanno portato alla nascita dello studio originale e nella rassegna di lodi e critiche che esso ha suscitato. Ma soprattutto, al di là delle variazioni nei numeri allora considerati (popolazione, condizioni di benessere, produzione di merci industriali e agricole, risorse non rinnovabili e inquinamento), emerge la constatazione che le tendenze indicate si sono in gran parte verificate.

limits-2016.jpgDopo quasi cinque anni dall'uscita del libro di Bardi, Tim Jackson (ecological economist, professore di Sustainability all’Università del Surrey e autore del volume “Prosperità senza crescita”, edito da Edizioni Ambiente) e Robin Webster (dei Friends of the Earth) hanno "riacceso" il dibattito sul tema pubblicando uno studio dal titolo Limits Revisited: a review of the limits of growth debate, gratuitamente scaricabile dal sito dell’All Party Parliamentary Group (APPG), il nuovo gruppo parlamentare britannico presieduto da Caroline Lucas.
Il lavoro di Tim Jackson e Robin Webster, ripercorre il contenuto dello studio del Club di Roma, fa la storia del dibattito ad esso seguito e cerca di dissipare alcuni dei miti che lo hanno circondato. "Ci siamo voluti soffermare - affermano gli autori - su tutto, o quasi, quanto è stato detto pro e contro sull'argomento in questi ultimi quarant'anni. In più abbiamo voluto analizzare in quale misura le ipotesi originali si siano effettivamente verificate. E sono emerse prove inquietanti su come la nostra società stia ancora seguendo lo 'standard run' descritto nello studio del Club di Roma, il cui superamento porta ad un eventuale crollo degli standard di produzione e di vita. Recenti e approfonditi studi dimostrano, infatti, che i picchi di produzione di alcune risorse chiave per la società verranno raggiunti probabilmente nel giro di pochi decenni".
Lo studio richiama l'attenzione anche su "nuovi limiti della crescita" non previsti nel 1972, evidenziando, in particolare, l'enorme sfida posta dall'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
"I vecchi limiti sono di certo confermati", ha affermato Tim Jackson, "ma quelli nuovi sono diventati più visibili. La sfida del nostro tempo è quello di superare tali limiti e costruire una prosperità duratura e sostenibile."

"Lo studio - sostiene il Professor Bardi - si è rivelato profetico sotto molti aspetti. Si inserisce infatti in una generale tendenza a riconsiderare la questione del lavoro originale di Meadows et. al. del 1972. Evidentemente la condanna senza appello a quello studio era stata pronunciata troppo in fretta e senza aver veramente capito cosa il libro diceva e con quali metodi arrivava alle sue conclusioni. Oggi, vediamo un'evidente ritorno al concetto di world modeling, ovvero "modelli del mondo". Tanto per fare un esempio, la Commissione Europea ha recentemente finanziato un importante progetto internazionale dal titolo "MEDEAS" che si propone di riesaminare il problema della disponibilità delle risorse minerali sulla base di modelli simili a quelli dello studio del 1972. Per non parlare della conferenza sul world modeling che si terrà a Linkoping (Svezia) questo Maggio per rivisitare di nuovo lo stesso soggetto. Insomma, stiamo ripartendo verso la direzione che avevamo abbandonato negli anni 1980. Dove questo viaggio ci porterà, è tutto da vedere!"

Per approfondimenti:

Tim Jackson, Robin Webster, Limits Revisited: a review of the limits of growth debate, APPG, 2016

Ugo Bardi, The limits of growth revisited, Springer, 2011

Tim Jackson, Prosperità senza crescita. Economia per il pianeta reale, Edizioni Ambiente, 2011