Indipendenza energetica dalle fonti fossili a tappe forzate in Usa

Finalmente c’è qualcuno di peso e spessore politico mondiale che afferma di voler raggiungere l’indipendenza energetica dalle fonti fossili. Ci è voluto un’ecatombe ecologica e soprattutto economica, amplificata dal calo vertiginoso nei sondaggi, per rilevare nel Messaggio alla Nazione del Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, alcuni nuovi indirizzi di politica energetica per il prossimo decennio.
 
Questa decisione è scattata perché è venuta meno la sicurezza degli Stati Uniti. “E’ un attacco alle nostre coste e noi risponderemo.” dice Obama; “BP paghi per il danno causato.” “E’una promessa.” chiarisce e rincara sempre Obama. In America c’è un clima che, per molti aspetti, fa venire in mente l’11 settembre. Di converso c’è chi vede nella nuova politica energetica il clima creato dal messaggio alla nazione di Kennedy quando lanciò il programma che portò l’uomo sulla luna. I paragoni – forse eccessivi – che lo stesso Obama ha fatto tra 11 settembre e la marea di greggio della BP e la politica energetica con l’uomo sulla luna - sono serviti a far capire agli americani che le misure di sicurezza e le azioni per raggiungere l’indipendenza dalle fonti fossili e risanare il pianeta dall’effetto serra avranno lo stesso impatto e saranno condotte con larghezza di mezzi e con la stessa costanza e fermezza.
 
La visione di Obama sta in poche parole "Questo è il momento per questa generazione di imbarcarsi in una missione nazionale che permetta all''America di scatenare l'innovazione e prendere il controllo del nostro destino." perchè afferma Obama nel su discorso ".. i costi a lungo termine per la nostra economia, la nostra sicurezza nazionale e l'ambiente sono molto maggiori."
 
La presenza di Obama nei luoghi in cui la marea ha fatto più danni, le risposte alle relative emergenze, i risultati delle operazioni di bonifica delle coste, i rimborsi per i danni subiti saranno per l’amministrazione americana le cartine al tornasole che faranno uscire dalle secche dei sondaggi Obama e collaboratori.
 
L’esplorazione delle fonti fossili porta con sé dei rischi e pericoli ambientali elevati pur se spesso con probabilità basse. E questo aspetto non si limita al petrolio ma anche al metano, carbone e scisti bituminosi, uranio. E’ solo da poco che appaiono sotto la luce dei riflettori i danni perpetrati nei confronti dell’ambiente e delle popolazioni indigene nei luoghi di estrazione delle fonti fossili. Nessuna esclusa.
 
Nel caso della BP il mancato rispetto degli standard di sicurezza – per altro autodefiniti dagli stessi petrolieri – ha provocato il più grande danno ecologico nella storia degli USA. La sicurezza delle nazioni è a rischio se lo sfruttamento delle risorse energetiche e in particolare di quelle fossili è guidato solo da interessi economici.
 
Poi, noi, tutte le nazioni industrializzate, per complicarci la vita, aggiungiamo anche i rischi e pericoli nell’uso e produzione di energia elettrica e termica, nel post trattamento delle emissioni e smaltimento dei rifiuti e ceneri. Tutte le filiere energetiche basate sulla combustione delle fonti fossili sono complesse, energeticamente voraci, ambientalmente inaccettabile e, per dirla tutta, non sostenibili.
 
I cambiamenti di politica energetica sono sempre stati legati a fatti traumatici. E’ successo così per Chernobyl, per la guerra del golfo e ora sta succedendo con la Marea di greggio nel Golfo del Messico. La riconversione del sistema energetico basato sulle fonti fossili verso uno basato su quelle rinnovabili è un processo articolato e lungo. EnergoClub ha proposto una “Road Map” ancora nel 2005 applicabile ovviamente all’Italia.
 
Noi in Italia cosa stiamo facendo invece? Le fonti rinnovabili crescono abbastanza rapidamente ma potrebbero crescere molto di più. Dal maggio 2008 i petrolieri hanno chiesto e ottenuto 95 permessi dal Ministero dello Sviluppo Economico (Scaiola) a esplorare il territorio italiano. Agli attuali 4,5 Mt di petrolio (4Mt a terra e 0,5 Mt a mare) tramite 700 pozzi se ne vogliono aggiungere degli altri. Lo stato da queste attività estrattive ha entrate per 1,26 miliardi di euro all’anno. Tutto questo nella consapevolezza che il costo del barile aumenterà nei prossimi anni. I petrolieri coinvolti provengono da Stati Uniti, Canada, Australia, Irlanda, Inghilterra di dimensioni piccole e medio-piccole, sono gli avamposti delle multinazionali delle fonti fossili.
Le aree dove i petrolieri vorrebbero trivellare sono nel parco del Curone in Brianza, nelle isole Tremiti, lungo le coste della Sicilia, in Abruzzo, il territorio basso padano dal Piemonte all'Adriatico, la costa dalle Marche alla Puglia, il mare di Cagliari e di Oristano, l'area tra le Egadi e Pantelleria, lo Ionio calabrese, il mare a sud dell'Elba e altre ancora. La sfrontatezza non è mai troppa quando ci sono di mezzo il petrolio e altre fonti fossili, soprattutto se è poi accompagnata da una cultura ambientale e naturalistica pessima da parte dei nostri amministratori centrali.
 
Ci saranno degli investimenti, lavoro, ecc. ma perché non prevederli per le fonti rinnovabili che sono meno “capital intensive” e più “job intensive”? Perché continuare ad investire in tecnologie e filiere energetiche non sostenibili sotto l’aspetto economico, ambientale e umano?
 
Ci sono regioni, province e comuni che permetteranno queste attività? E’ possibile che i comuni siano presi così tanto per il collo da accettare questi insediamenti produttivi? Quanto è successo nella Val D’Agri in Basilicata dovrebbe insegnare e bastare: gli insediamenti petroliferi hanno sì portato soldi nelle casse del comune ma non hanno fermato l’esodo dei giovani verso il Nord d’Italia. Invece di 2000 posti di lavoro previsti ne hanno solo 500. L’area petrolifera in Basilicata si estende per 135 ettari e risulta fortemente compromessa dal punto di vista ambientale e naturalistico e, anche, energetico. Sì perché in quell’area potevano nascere anche altri insediamenti energetici meno impattanti basati sulle fonti rinnovabili.
 
Ora sentire Obama affermare che gli Stati Uniti nel prossimo decennio raggiungeranno l’indipendenza dalle fonti fossili ci rinfranca e ci emoziona anche. C'è un punto da chiarire o ribadire. Gli Stati Uniti dispongono di fonti fossili interne quali petrolio, gas, uranio, scisti bituminosi e la nuova politica energetica di Obama li escluderebbe in toto. Se così fosse forse abbiamo trovato una guida illuminata. Forse.
 
Gianfranco Padovan
 
Fonti: Messaggio alla nazione di Obama - Luigi Carletti, La repubblica 18/06/2010 – Loretta Bricchi Lee, Avvenire 16/06/2010
 
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