Il valore economico delle rinnovabili

Risparmiare 400 milioni di euro o guadagnare 76 miliardi… A leggere gli esiti degli studi economici sulle rinnovabili resi noti negli ultimissimi giorni, c’è di che stupirsi. E non per la considerevole fonte di “guadagno” anche economico che l’energia del sole può rappresentare – cosa già da molte parti ribadita da anni – ma per l’intensità e la varietà dei dati forniti tutti insieme, in pochi giorni. Giorni che succedono di poco l’inizio della circolazione delle ipotesi penalizzanti per le rinnovabili paventate nella bozza del quinto conto energia e nel decreto per le altre rinnovabili elettriche.

Andiamo in ordine di apparizione: a fine marzo viene reso pubblico uno studio condotto dall'OIR Osservatorio internazionale sull'industria e la finanza delle rinnovabili presieduto da Andrea Gilardoni, dell'Università Bocconi, e realizzato con il supporto di Anev, Aper ed Enel Green Power a fare la stima costi-benefici di quanto realizzato dal 2008 al 2011 anni con l’avviamento del nuovo sistema energetico, proiettando i risultati fino al 2030. Studio nel quale si afferma che le fonti pulite potrebbero far guadagnare al “sistema Paese” circa 76 miliardi di euro nei prossimi due decenni, dettati da maggiore occupazione, mancato import di combustibili fossili, export netto dell’industria e riduzione del prezzo di picco dell'energia.
I numeri ottenuti proiettando fino al 2030 i benefici prodotti negli ultimi 3 anni prevedono la creazione di 130mila i posti di lavoro che renderebbero 46 miliardi di euro. Sempre gli stessi numeri dicono che potrebbero ammontare a ben 22 i miliardi di euro di ricavi dalle esportazioni legate al settore, mentre il contenimento dell’importazione di combustibili fossili produrrebbe un risparmio di 29 miliardi. E, ancora, che la riduzione del prezzo del picco dell’energia prodotto dalle rinnovabili porterebbe a ulteriore risparmio di circa 13 miliardi.

Va anche rilevato che l'analisi compiuta tiene conto anche di una serie di errori compiuti finora: peso eccessivo degli oneri autorizzativi, inefficace controllo sugli incentivi, normativa incostante. E delle circostanze attuali oggettive: crisi economica, sovrapproduzione del sistema elettrico, difficoltà di adattamento della rete al nuovo assetto della generazione distribuita dell'energia.

Il 3 aprile viene presentato l'Irex Annual Report 2012 “L'Italia delle rinnovabili negli scenari globali: investimenti, competitività e prospettive”, studio curato da Althesys, che avverte che nel 2011 il fotovoltaico ha fatto risparmiare circa 400 milioni di euro in bolletta solo grazie all'effetto di peak shaving (assorbimento dei picchi di consumo, ndr). E che da qui al 2030 le rinnovabili porteranno benefici netti al Paese fino a 38 miliardi di euro.
Lo studio ha censito nuovi impianti e progetti (eolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermico, biomasse ed energia dai rifiuti), operazioni di finanza straordinaria e accordi di fornitura di taglia superiore a 0,9 MW; e ha rilevato che il fotovoltaico continua a essere la tecnologia prevalente, con il 53% delle operazioni, anche se si è ridotta la taglia media degli impianti, inferiore ai 6 MW nell’87% dei casi. Trend simile nell'eolico (più 23% di operazioni ma meno 24% di MW) dove quella delle aziende italiane è una vera fuga fuori dai confini: i progetti esteri superano per la prima volta i nazionali, segnando una potenza di 717 MW, circa il 56% del totale.
Nello studio si parla, inoltre, di un settore che è cresciuto anche nel 2011 grazie a 223 operazioni di taglia industriale per complessivi 7,8 miliardi di euro d’investimenti (pari allo 0,5% del PIL nazionale) e 4.338 MW di potenza. E di tagli alla bolletta degli italiani per 400 milioni di euro dal solo fotovoltaico.

Studi diversi, dati diversi. Ma dello stesso segno. E di uguale, conforto per chi ha voluto, recentemente, attribuire la  responsabilità del caro bollette esclusivamente al costo degli incentivi per le fonti rinnovabili. Tanto che, a commento degli studi sopra riportati, anche dal ministro Corrado Clini avvisa che “Le fonti rinnovabili d'energia sono uno strumento fondamentale per disaccoppiare la crescita economica dalle emissioni di anidride carbonica e sono anche il perno attorno cui ruota il cambiamento dello scenario energetico, mirato non più sulle grandi centrali che alimentano una rete elettrica 'a senso unico' bensì sulla produzione distribuita di energia e su reti intelligenti, sui piccoli impianti integrati con l'efficienza energetica e con l'innovazione. L'obiettivo delle nostre politiche è aiutare queste tecnologie, questo tipo d’innovazione e questi investimenti a crescere'‘.
Possiamo, quindi, attendere con maggior tranquillità le novità che saranno introdotte dal Quinto Conto Energia?

Fonti:
www.althesys.com
Studio costi-benefici FER_Gilardoni
www.minambiente.it