Generatori eolici parzialmente statici con prestazioni 4 volte migliori

Tra gli addetti ai lavori dell’eolico quando si parla di Betz tutti si levano “ingegneristicamente” il cappello, un po’ come quando si parla di Carnot quando si ha che fare con il rendimento di una macchina termica. Albert Betz (1919) e Sadi Carnot (1819), e successivamente Lord Kelvin (1850), hanno evidenziato che ci sono dei limiti fisici oltre i quali non è possibile andare.
 
Era però da almeno il 1977 che si “mormorava” del superamento del limite di Betz. Alcuni ricercatori dell’Università di Udine hanno effettuato in questi ultimi anni una serie di simulazioni e hanno dimostrato che, potenzialmente – e in apparenza - il limite di Betz superato. Solo in apparenza!
 
Già, perché in alcune configurazioni di generatori eolici si possono riscontrare potenze fino a quattro volte maggiori rispetto ad un generatore tradizionale come si è abituati a vedere. Se così fosse ci sarebbero implicazioni molto positive per il settore eolico e in particolare per il micro-eolico per applicazioni domestiche. Vediamo di capire meglio cosa prevede la Legge di Betz e perché - e in quali condizioni - si riscontrano dei valori superiori ai limiti teorici.
 
Pensiamo ad un rotore eolico di diametro D [in metri] e con una area A = pi.greco/4*D² [m²] immerso in una corrente d’aria avente una velocità V [m/s]. La potenza disponibile in flusso d’aria, pensando di trasformare tutta la potenza cinetica della massa d’aria M [kg/s] = densità_aria*V*A, che attraversa l’area del rotore A, in potenza meccanica all’asse del rotore, è calcolabile con la relazione seguente: P = 0,5*M*V² = 0,5*densità*A*V³. Ad esempio un rotore di 1,5 m di diametro con una velocità di 10 m/s disporrebbe di una potenza P = 0,5 * 1,2 [kg/m³] * 3,14/4 * 1,5³ = 884 W teorici.
 
Albert Betz, nel 1919, (quando non si parlava ancora di energia eolica) dimostrò che la potenza estraibile da un flusso libero tramite un rotore, è pari a 16/27, e cioè 59,3% della potenza disponibile . Nel caso presentato la potenza massima è Pm = 884 W * 0,593 = 523 W
 
Il rendimento di Betz è il limite fisico non superabile nei generatori eolici, così come il rendimento di Carnot, è il limite fisico termodinamico non superabile nelle macchine termiche (in una macchina che funziona utilizzando due serbatoi tra 30 °C e 1500°C, ad esempio, il rendimento di Carnot è dato da (T1-T2)/T1 e quindi è pari a [1400/(1500+273)] = 83%).
 
E’ largamente accettato da tutti gli esperti, e addetti ai lavori, che quanto in un rotore eolico si ottenga un rendimento di 35-40% si debba essere più che soddisfatti. Nell’esempio precedente la potenza all’albero reale potrebbe quindi essere Pr = 884 W * 0,40 = 340 W
 
Qualche tempo fa la Grumman, una azienda americana di rilievo in campo energetico, spaziale, militare, depositò un brevetto in cui si proponeva un rotore con un convogliatore. Le esperienze condotte da Ozer Igra tra il 1977-1983 dimostravano che era possibile migliorare in modo significativo le prestazioni dei generatori eolici. Nello sviluppo del progetto, nell’intento di trovare finanziatori e sponsor, si affermava di poter superare il limite di Betz. Le premesse erano sì buone ma i test effettuati sul primo prototipo non lo furono altrettanto. I risultati non erano pari alle aspettative. Perché?
 
A partire dal 2003 alcuni ricercatori dell’Università di Udine (H. Grassman, Bet F., Cabras G., Ceschia M., Cobai D., Del Papa C., Ganis M.) utilizzando il software per le simulazioni fluidodinamiche STAR-CD, effettuarono investigazioni su questa nuova classe di generatori eolici. Non è noto se ebbero modo di analizzare i risultati in dettaglio ottenuti sul prototipo. Sappiamo solo che l’insuccesso della Grumman era a loro noto. Da questi approfondimenti emersero le cause prime dell’insuccesso sul prototipo.
 
Si scoprì che la potenza estratta dal flusso dell’aria del prototipo non dipendeva solo dalla velocità dell’aria ma anche dalla quantità di moto. Il prototipo (quel prototipo) non poteva avere prestazioni migliori rispetto alla stesso rotore senza convogliatore.
 
L’insuccesso dipendeva da uno dei miti che gli ingegneri e tecnici in genere si portano dietro per tutta la vita. Nella pratica ingegneristica e industriale, in tutte le turbomacchine, nelle macchine a fluido, si cerca di avvicinare la punta del rotore il più possibile al canale di contenimento o convogliatore, al fine di evitare dei trafilamenti e perdite per resistenza all’avanzamento.
 
E’ solo analizzando il campo di moto e di pressione attorno al convogliatore che i ricercatori udinesi si accorsero che la soluzione andava trovata in direzione opposta alla pratica e tradizioni ingegneristiche. Si scoprì che c’erano altre configurazioni rotore-convogliatore (forma e posizione) che permettevano di ottenere prestazioni sorprendenti e, quindi, in apparenza, di superare il limite di Betz.
 
Ovviamente si dimostrò che la configurazione del rotore-convogliatore, avendo modificato le condizioni e le ipotesi di lavoro e rendeva inapplicabile la legge di Betz.Non era corretto affermare che “il limite di Betz era stato superato” perché si trattava di una macchina diversa da quella ipotizzata da Betz.
 
La nuova configurazione rotore-convogliatore consisteva nel creare un ampio spazio tra punta delle pale del rotore e la superficie interna del convogliatore. Inoltre la forma del convogliatore (la sezione dell’anello toroidale) doveva avvicinarsi ad un profilo alare, o velare, per creare una zona di depressione oltre il piano del rotore. L’area di deflusso sul piano del rotore del convogliatore deveva essere almeno tre volte l’area A del rotore.
 
Con queste configurazioni le velocità sul piano del rotore non era quella dell’aria indisturbata ma era parecchio maggiore. A differenza del rotore eolico in un flusso libero dove l’aria, che attraversava il rotore, veniva rallentata, con il rotore convogliato l’aria subiva una accelerazione per effetto del campo di pressione che si veniva a creare attorno al convogliatore. Il convogliatore statico aumentava la potenza estraibile dal flusso d’aria.
 
Il rotore con convogliatore – da quanto abbiamo visto – ha creato una sottofamiglia di generatori eolici che sono stati classificati come “generatori eolici parzialmente-statici”. Le potenze ottenibili con questi generatori possono essere fino a 4 volte quelle del generatore senza convogliatore.
 
Il team di ricerca dell’Università di Udine ha evidenziato che la stessa configurazione potrebbe estendersi a qualsiasi turbomacchina e quindi anche alle turbine ad acqua e, in particolare, alle turbine Kaplan in cui si potrebbe ridurre le dimensioni oppure, a parità di potenza, ridurre le portate di fluido e le esigenze di infrastrutture.
 
Va evidenziato che avere la possibilità di contenere le dimensioni dei rotori eolici e turbine Kaplan consente di ridurre i costi per kWp e di conseguenza potrebbe estendere la possibilità di applicazione del nano-eolico e micro-eolico nelle zone marine, pedemontane e montane nel rispetto degli ingombri imposti dal DLgs. 115/2008. Lo stesso dicasi per il micro-idrico e mini-idrico.
 
In coda al testo si riportano alcune fonti che riteniamo sufficienti per approfondire il tema.
I soci che fossero interessato a sviluppare generatori eolici convogliati oppure fossero interessati ad innovare le proprie turbine Kaplan, possono mettersi in contatto con Francesco Pasqualin. coordinatore@energoclub.org
 
Gianfranco Padovan, Presidente EnergoClub
 
Fonti:
Wiki, Hans Grassman - Tel.: +39-432-558-213, email: hans.grassmann@fisica.uniud.it
Ozer, Igra - The shrouded aerogenerator - Energy, Volume 2, Issue 4, December 1977, Pages 429-439
Ozer, Igra - Research and development for shrouded wind turbines Energy Conversion and Management, Volume 21, Issue 1, 1981, Pages 13-48
Bet, F., H. Grassmann - Upgrading conventional wind turbines - Renewable Energy, Volume 28, Issue 1, January 2003, Pages 71-78
Grassmann, H., F. Bet, M. Ceschia, M. L. Ganis - On the physics of partially static turbines
Renewable Energy, Volume 29, Issue 4, April 2004, Pages 491-499
H.Grassmann, M.L.Ganis - CFD modeling for wind turbines
 
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