Accordo incompleto a Copenhagen

Non è stato un successo pieno quello conseguito dal vertice mondiale sul clima di Copenhagen. L’intesa tecnica è stata trovata dopo che Bolivia, Costarica, Cuba, Nicaragua, Sudan, Tovalu e Venezuela avevano bloccato il negoziato finale (l’Onu prevede accordi con unanimità), tramite un Accordo di 3 pagine con 12 punti con due indicazioni:
  1. la temperatura massima da non superare al 2100 non potrà essere superiore a 2 gradi;
  2. I fondi messi a disposizione dai paesi industrializzati per i paesi in via di sviluppo saranno 10 miliardi dollari subito per i prossimi tre anni per poi diventare progressivamente 100 miliardi dollari l’anno a partire dal 2020.
L’espediente tecnico finale è stato messo a punto dal Basic (Brasile, Sud Africa, India e Cina) con la partecipazione dell’America nella tarda nottata di venerdì.
Copenhagen ha evidenziato un fatto inedito e per alcuni sconvolgente: Europa e Giappone sono fuori dal tavolo delle decisioni e l’America ha partecipato solo perché Obama ha voluto esserci. Ormai i paesi del Basic non solo sono superpotenze economiche ma anche “energetiche” ed “carboniche” (maggiori emittori di gas effetto serra) ma anche punti di riferimento (sotto vari aspetti) per i paesi emergenti, in cui cibo e acqua sono scarse e dove non si ha una lampadina elettrica da spegnere.
L’Europa ha accettato malvolentieri tale disposto tecnico confidando in successivi accordi. Il nostro rappresentante, il Ministro per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo ha constatato che l’accordo ottenuto è al ribasso.
L’Onu tramite il suo segretario ha affermato che cercherà di attuare le decisioni prese dall’Assemblea in cui si autorizzano nuove trattative e accordi per definire obiettivi vincolanti per le varie nazioni già dalla prossima conferenza in dicembre 2010 a Città del Messico.
L’America è riuscita – ancora una volta - a non sottoscrivere il protocollo di Kyoto (Obama non aveva la delega del Congresso per sottoscrivere Kyoto). Gli interessi economici americani sono evidentemente molto più importanti del clima del pianeta. L’America si è fissata un obiettivo del -17% di CO2 rispetto alle emissioni del 2005, in spregio al protocollo di Kyoto che fissa come anno di riferimento il 1990. Questo obiettivo se rapportato alle emissione del 1990 diventa 4%.
Gli stanziamenti che i paesi industrializzati metteranno a disposizione dovranno essere ratificati da leggi nazionali. Al riguardo Obama ha affermato che gli USA non si riterranno vincolati a nessun accordo internazionale (tipo quello di Copenhagen). L’Italia, che - come è noto - ha aderito al protocollo di Kyoto, vincolandosi a raggiungere gli obiettivi definiti in ambito europeo, stanzierà 600 milioni di € nei prossimi quattro anni.
L’Italia sulle emissioni di CO2 e sulla questione climatica è affetta da “acefalia” e una consolidata miopia: se a livello politico si prendono impegni per ridurre le emissioni, a livello pratico si decidono e attuano soluzioni che vanno in direzione opposta. La trasformazione delle centrali da Gas a Carbone oggi in atto sembra un atto “contro natura” oltre ad essere contro “Kyoto”; la scelta di aprire al nucleare e la riconversione in atto delle centrali, il perpetuare il CIP6 per gli la cogenerazione da incerimento e, in definitiva, il perpetuare la distribuzione tramite poli energetici, sembrano “miopi”, stupide, ambientalmente e socialmente poco intelligenti.
Le soluzioni sono davanti agli occhi: coltivazione delle rinnovabili, adeguamento delle reti per rendere congruenti domanda e offerta, promozione del risparmio e dell’eco-efficienza energetica, adeguamento degli stili di vita. Servono chiarezza di intenti, decisione e continuità. Che tutto questo sia a portata di mano e non venga colto ci preoccupa non poco.  Ci preoccupa ancora di più il fatto che il pianeta necessiti di azioni tempestivamente concrete ed efficaci per ridurre le emissioni di gas serra ora, domani, o al più dopodomani, e non tra 10-15 anni. 
Ci auguriamo che queste preoccupazioni siano condivise da tutti gli italiani senza distinzione di colore e schieramento. Dobbiamo chiedere ai nostri politici e imprendtori consapevolezza delle soluzioni, concretezza ed efficacia nelle azioni. A tutti i livelli. Governo nazionale e regionale, enti locali e imprenditoria.
Gianfranco Padovan

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