Metti una centrale nucleare nel telefonino

L’accumulo di energia in poco volume è uno dei problemi principali nell'utilizzo delle fonti rinnovabili ma anche nell'uso di quelle non rinnovabili, quando l’energia deve alimentare sistemi mobili (cellulari, auto, barche, ecc.) o remoti (rifugi alpini, centraline meteo, sistemi di sicurezza, piattaforme off-shore, satelliti, mezzi subacquei, ecc.) e la domanda e offerta di energia è variabile istante dopo istante.
 
La notizia che arriva dall’Università del Missouri (USA) è abbastanza “spiazzante” perché si è scoperta la possibilità di accumulare efficientemente energia nucleare in batterie che sfruttano il decadimento di radioisotopi in presenza di un semiconduttore liquido. I primi prototipi hanno dimostrato una densità di energia sei volte maggiore rispetto alla batterie chimiche. Questo risultato non è per sè sorprendente perchè, in precedenza, avevamo dato notizia di batterie che avevano 8 (news pubblicata il 21/08/2009 fino a 10 (news del 21/12/2007) volte la densità di energia delle batterie tradizionali. La ricerca di Kwon per adesso si è fermata a solo sei volte ma ha in sé la potenzialità di arrivare a densità energetiche milioni di volte le batterie tradizionali come si afferma negli articoli pubblicati dal dr. Kwon.
 
Questa batteria verrebbe realizzata con dimensioni piccole(pari allo spessore di una moneta di 1 penny, afferma il dr. Kwon)  tali da equipaggiare “micro” e “nano” sistemi elettromeccanici (MEMS e NEMS), antesignani dei futuri moderni robot (ndr).
 
Sapere che in futuro si potrebbe usare in un cellulare una batteria “nucleare” con una carica di una decina d’anni (o di più) potrebbe ingenerare qualche preoccupazione. E' noto che tanto maggiore è l’energia accumulata tanto più bisogna proteggersi da fughe di radiazioni. Nel caso di un cellulare la potenza necessaria è di qualche frazione di watt e lo schermo antiradiazione – affermano i ricercatori – non è un problema. La soluzione è molto sicura, afferma il dr. Jae Kwon responsabile della ricerca. La batteria nucleare si è gia dimostrata sicura nelle applicazioni in medicina con i pace-maker, nei satelliti e sistemi subacquei.
 
L’innovazione presentata riguarda la compattezza ma anche la scoperta che usando un semiconduttore liquido rispetto ad semiconduttore solido si riducono i danni nella struttura/matrice che accumula l’energia durante la carica. E' per questo motivo che la densità di energia potrebbe aumentare di parecchi ordini di grandezza.
 
Pur se la batteria a radioisotopi dello zolfo 35S impiegherà parecchi anni prima di essere commercializzata, nel laboratorio dei ricercatori dr. Jae Kwon e dr. David Robertson, si stanno già costruendo e sviluppando batterie con altri radioisotopi che avranno dimensioni più sottili di un capello umano e densità di energia migliori.
 
Chi volesse approfondire l’argomento può leggersi l’articolo apparso nelle due riviste Journal of Applied Physics Letters and Journal of Radioanalytical e Nuclear Chemistry oppure contattare il dr. Jae Kwon. La ricerca di Kwon e collaboratori ha ricevuto un riconoscimento pubblico come migliore articlo su 599 presentati alla conferenza IEEE (International Conference on Solid-State Sensors, Actuators and Microsystems), durante la fiera Transducers 2009, a Denver in Colorado.
 
Ci sono alcune domande che dovrebbero essere poste a chi ha in sviluppo questi prodotti e a chi poi dovrebbe autorizzarne l’uso, la gestione del prodotto esaurito. Alcune domande sono in attesa di risposta da decenni sul tema della radioprotezione. La eventuale futura diffusione di massa di batterie nucleari dovrebbe acuire l’esigenza di avere risposte complete sul tema. Ci auguriamo che i ricercatori siano pro-attivi su questi temi, che il marketing non faccia da “rullo compressore” e che gli organi di governo e controllo siano sufficientemente indipendenti e, soprattutto, senza interessi.
 
Gianfranco Padovan, Presidente EnergoClub
 
 
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