La CO2 che eviti se ti porti la borsa da casa

Aver tolto dalla circolazione circa 30 mila tonnellate di borse usa e getta, con un taglio di emissioni di 180.000 tonnellate di CO2, non è un risultato da poco. Lo si è ottenuto in Italia in un solo anno, grazie alla piccola-grande rivoluzione nei costumi conseguente al bando dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili per l’asporto di merci (vigente dal 1° gennaio 2011). Ossia: portando da casa la borsa per la spesa, così come ha fatto oltre il 70% delle 800 famiglie coinvolte in uno studio realizzato da Assobioplastiche con Plastic Consult e Ispo Ricerche.

Studio grazie al quale Assobioplastiche ha potuto presentare i numeri reali e le prospettive del settore della produzione di buste asporto merci rilevando che In Italia l'uso degli shopper usa e getta si è ridotto del 20% rispetto al 2010, in favore delle sporte riutilizzabili: dato particolarmente rilevante in un Paese che  fino a pochi anni fa consumava il 25% di tutti i sacchetti d’Europa.

Dallo studio è emerso che gli italiani sono oggi piuttosto organizzati quando si tratta di uscire a fare la spesa: la maggior parte, infatti, 6 su 10, porta con sé il contenitore per imbustare la spesa. Questo è ancor più vero per gli acquisti fatti al supermercato, dove la spesa è più che altrove pianificata e dove l’80% dichiara di utilizzare sporte o sacchetti portati con sé da casa e che porta, spesso, sempre in macchina.

Le borse in stoffa, nylon, juta o elasticizzate risultano quelle più utilizzate in tutti gli ambienti di spesa (al supermercato le usa il 52%, il 43% come primo contenitore di riferimento). Al supermercato seguono poi, per frequenza di utilizzo, le borse riutilizzabili in plastica rigida e dura e i sacchetti biodegradabili e compostabili (cioè quelli utilizzabili per la raccolta differenziata dei rifiuti organici).

Diverso, invece, quanto avviene durante la spesa presso i negozi del commercio tradizionale e al mercato, dove, dopo le borse in tessuto, gli intervistati dichiarano di utilizzare per lo più sacchetti biodegradabili e compostabili.

“I risultati di questa indagine ci confermano non solo che gli italiani si sono adeguati velocemente alle nuove norme che regolamentano l’utilizzo delle buste per asporto merci ma anche e soprattutto che hanno compreso lo spirito più profondo della legge: adottare comportamenti e stili di vita che all’”usa e getta” dissipativo prediligono la conservazione delle risorse, il recupero e il riciclo”, ha dichiarato Marco Versari, Presidente di Assobioplastica.

Di fronte ai dati confortanti riecheggiano, però, gli esiti di uno studio della fine del 2011 realizzato da Ispo per Assobioplastiche, dal quale risulta che non più del 13% degli italiani è in grado di distinguere un sacchetto compostabile da uno che è solamente biodegradabile e che solo il 10% dei negozianti di generi alimentari, sulla totalità del campione intervistato, ha potuto garantire di utilizzare sacchetti compostabili. Per quanto riguarda il contenitore proposto al cliente che ne è privo, inoltre, nei negozi del commercio tradizionale e al mercato rionale, gli intervistati indicano come primo shopper quello biodegradabile e compostabile, per il quale valgono le considerazioni fatte sopra. A questo segue, per entrambi i luoghi di spesa, il tradizionale sacchetto di plastica, ossia quello messo al bando dalla norma in materia.

I dati sono comunque incoraggianti anche per Stefano Ciafani, vice presidente di Legambiente, che commenta: “Il bando dei sacchetti non biodegradabili e non compostabili ha portato una vera rivoluzione modificando gli stili di vita degli italiani con risultati davvero straordinari come avevamo più volte evidenziato, grazie al divieto di produrre sacchetti usa e getta in plastica tradizionale, l’Italia avrebbe potuto, da una parte, risolvere il problema del non invidiabile record di consumo del 25% dei sacchetti di tutta Europa e dall’altra innescare la riconversione di uno dei settori manifatturieri più inquinanti, quello della petrolichimica, verso filiere più innovative e verdi". Secondo Legambiente uno dei problemi maggiori adesso resta proprio quello di limitare l’uso dei sacchetti finti bio (quelli di plastica tradizionale con additivi chimici) diffusi soprattutto nei piccoli negozi e nei mercati rionali che, però, grazie alle recenti modifiche normative sostenute dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini potranno ora essere oggetto di sequestri da parte della magistratura e delle forze dell’ordine.

A chi ha opposto allarmi relativi al settore occupazionale del comparto della produzione dei sacchetti, Ciafani risponde: “Sono in totale poco meno di 100 le aziende del settore shopper, con circa 2 mila occupati, che in gran parte producono sacchetti biodegradabili e compostabili. Restano ormai solo poche decine di aziende, con alcune centinaia di lavoratori, che devono riconvertire le loro produzioni verso i sacchetti riutilizzabili o compostabili, e ci auguriamo che questo avvenga presto, nonostante le informazioni palesemente errate e fuorvianti sui contenuti del nuovo bando che alcune sigle associative del mondo industriale del settore continuano a fornire ai loro soci”.

 

 

Fonte: AssoBiplastiche
http://www.assobioplastiche.org