Piano cottura ad induzione

La cottura per induzione (grazie al supporto e contributo di Sergio Grasso, member of GourmArt Organisation)

“Cucinare" significa sottoporre un alimento all'azione del calore. In ambito domestico l'operazione richiede un forno, un fornello oppure, più raramente, un caminetto o un barbecue. Per secoli legna e carbone sono stati gli unici combustibili impiegati per cuocere i cibi e ancora oggi metà della popolazione mondiale cucina bruciando legna, carbone e letame.
Fino a metà ottocento le cucine dei palazzi nobiliari, dei conventi e dei ristoranti erano un luogo di calore infernale, umidità insopportabili, esalazioni tossiche, fumi di oli bruciati e fiammate accecanti. Nelle cucine di Re Ferdinando II di Borbone nel 1848 (l’anno della prima Costituzione) un “cuciniere di corte” dopo dieci anni di servizio attivo ai fornelli presentava patologie invalidanti come silicosi, cataratte, artrosi deformante, ulcere da calore alle mani e al volto. Nel  1826 James Sharp, impiegato della Compagnia del Gas di Northampton (GB) Company costruì il primo fornello a gas e otto anni dopo le cucine a gas cominciarono ad essere messe timidamente in vendita. Il gas però era destinato solo all’illuminazione pubblica e la distribuzione per usi domestici iniziò solo nel 1884, anno in cui esplose la domanda di fornelli e forni a gas. Nel 1892 al Windsor Hotel di Ottawa (Canada) comparve il primo forno funzionante ad elettricità, ad opera di Thomas Ahearn ma fu solo negli anni 20 del ‘900 che nelle case americane iniziò ad essere erogata una quantità di energia elettrica sufficiente a far funzionare i nuovi forni “senza fuoco”. L’evoluzione delle macchine da cucina è dunque storia piuttosto recente e gli odierni strumenti hanno raggiunto livelli di praticità, efficienza e sicurezza impensabili solo una generazione fa.

A GAS O ELETTRICA?
Le cucine domestiche (dette impropriamente “fornelli”) sono del tipo “a incasso” o autoportanti. Le superfici di cottura vengono incassate nel piano di lavoro o, per motivi di spazio, integrate ad un forno costituendo così un unico elettrodomestico. Al momento dell’acquisto generalmente ci si pone la prima domanda: a gas o elettrico? Per quanto riguarda il forno domestico il gas è percepito come il combustibile più rispondente alla tradizione (la fiamma è poetica e rassicurante) e un forno alimentato a metano garantisce sempre un’ottima cottura a pietanze e dolci.
Rispetto al forno elettrico, a parità di dimensione, si scalda prima ma soprattutto è molto più economico: 1 kWh di energia elettrica sviluppa 860 kcal, mentre 1 m3 di gas metano sviluppa circa 8200 kcal cioè più di 9 kW di energia elettrica: facendo i dovuti calcoli con il forno a gas si spende circa la 1/3 rispetto a quello elettrico. Sul fronte della sicurezza si devono ricordare le tante tragedie che riempiono le cronache (le emissioni di stufe inefficienti o il loro uso improprio causano  nel mondo oltre un milione di morti l’anno!) per quanto le moderne cucine siano dotate dispositivi di sicurezza che interrompono l’erogazione del gas in caso di mancanza di fiamma e il rischio di incidente per una persona di buon senso è molto basso. Gli entusiasti del forno elettrico sostengono che una bolletta energetica più salata li ripaghi con cotture più uniformi, temperature più costanti e controllabili.
Sul fronte della sicurezza, i dispositivi di interruzione automatica dell'energia elettrica in caso di dispersione di corrente sono in grado di prevenire ogni incidente. Dal punto di vista del risultato gastronomico, comunque, nei forni domestici attualmente in commercio non vi sono grandi differenze tra gas e elettricità. La scelta del sistema di alimentazione del forno è dunque frutto di considerazioni psicologiche, abitudini personali, struttura della rete di distribuzione ma soprattutto di bolletta energetica.
Più complessa è invece la scelta della tipologia del piano di cottura. In Europa, Germania, Svezia, Francia e Inghilterra hanno abbracciato con entusiasmo già un quarto di secolo fa i piani di cottura in vetroceramica, nei quali il calore è trasmesso alla pentola da una resistenza elettrica: per gli italiani, non c'è cucina senza fuoco, quello vero, fatto di fiamme, tubi e gas di rete o in bombola. Un po’ per pigrizia mentale, un po’ per tradizione ma molto per ragioni di bolletta. Il gas metano è sicuramente una fonte di calore più economica rispetto all'energia elettrica, il riscaldamento è immediato ed è sufficiente guardare l'intensità della fiamma per capire immediatamente qual è il livello di calore emesso. In termini di rendimento però i piani cottura a gas hanno un rendimento termico molto basso, dato che l’energia termica dispersa dalla fiamma nell’ambiente è di circa il 60%.

Si può ovviare a questo spreco ricorrendo ai piani cottura elettrici - che costano il 25% in più di quelli a gas ma sono anche molto più belli e pratici – che permettono di regolare il calore con precisione, mantengono costante la temperatura impostata, non consumano ossigeno e eliminano il rischio di emissioni di ossido di carbonio e ossido di azoto. Un buon piano cottura elettrico in vetroceramica è resistente al calore (fino a 800°C circa) e agli shocks termici, è anti-graffio e insensibile a sostanze acide e corrosive (ma lo zucchero, fondendo sulle zone calde, riesca a opacizzare il vetro!). Fino a metà degli anni ’90 del secolo scorso il “cuore” dei piani in vetroceramica era di due tipi: piastre radianti riscaldate da resistenze elettriche o piastre alogene riscaldate da lampade ad alta efficienza capaci di reagire istantaneamente alle variazioni di temperatura. Le piastre radianti riscaldano la vetroceramica che a sua volta trasmette il calore alla pentola: questo significa che solo il 47% dell'energia assorbita si trasforma in calore. Più performanti sono le piastre alogene che arrivano a rendimenti termici del 60%.

Cucinare senza dispersioni di energia
La vera rivoluzione ai fornelli iniziò alla fine del secondo millennio, quando fu immesso sul mercato il primo modello commerciale di piano-cottura a induzione elettromagnetica capace di scaldare le pentole di metallo ferroso (e non la vetroceramica) grazie a speciali bobine (1) che generano un campo magnetico che si converte in calore solo all’interno (3) della pentola (4). Questo lascia il piano cottura (2) freddo e porta l’efficienza termica al 94%! Riassumendo: una pentola in materiale ferroso contenente 1 litro d’acqua arriva all’ebollizione in 5 minuti su un bruciatore a gas, in 8 minuti su piastra radiante, in 6,5 minuti su piastre alogene e in meno di 3 minuti su un piano a induzione!
Già negli anni ’50 la General Motors realizzò un prototipo di fornello a IE e lo presentò alla stampa frapponendo un foglio di carta tra la pentola in cottura e la superficie del piano. L’acqua che bolliva sopra il foglio perfettamente integro fece scalpore ma la dimostrazione rimase lettera morta. L’idea fu ripresa nel 1971 dalla Westinghouse che produsse qualche centinaio di pezzi del suo ingombrante "Cool Top 2" venduti al prezzo di 1.500 euro (di allora!) e lasciati poi nel dimenticatoio.

Oggi i moderni fornelli a Induzione sono compatti, belli, molto efficienti e altrettanto sicuri. In Italia non sono ancora molto diffusi ma nel 2010 le vendite sono aumentate del 60% rispetto all’anno precedente, con costi che vanno da 400 a 1.000 euro. Buon segno, perché in Europa “l’energia fredda che cuoce” è di uso abbastanza comune e in Germania e Francia viene installata di serie nelle cucine di molti condomini in cui è vietato l’uso del gas.

Il principio di funzionamento è tanto semplice quanto stupefacente: una bobina elettrica genera un campo magnetico che genera delle correnti elettriche sul fondo della pentola. Tali correnti elettriche dissipano l'energia per effetto Joule e questa si trasmette nelle superficie della pentola in acciaio, ghisa, ferro. Pentole e tegami in alluminio, terracotta, vetro e rame non sono ferromagnetici e quindi non possono essere usati direttamente sulle piastre a induzione.  Alcuni sensori abilitano il funzionamento della bobina solo quando un recipiente idoneo è a contatto del piano di cottura mentre un circuito integrato provvede sia al controllo della temperatura che all’intensità di energia erogata.

L’efficacia dell’induzione elettromagnetica in cucina è dimostrata dal livello di temperatura massima raggiunto in alcuni punti delle superifice di cottura per portare ad ebollizione 1 litro di acqua: 450°C per i piani cottura a gas, 400°C nei piani cottura radianti con resistenza o alogeni e di soli 110°C nei piani cottura ad induzione
Grazie a queste caratteristiche un piano di cottura a induzione dimezza i tempi di cottura, distribuisce uniformemente calore su tutto il fondo del pentolame (quindi i cibi non attaccano), evita le scottature, è facile da pulire e dal punto di vista gastronomico garantisce risultati impeccabili sotto tutti i punti di vista.