L’efficienza e il risparmio energetico prima delle FER?

Se nelle abitazioni ed edifici i risparmi energetici raggiungibili sono dell'ordine del 70-90% (e lo sono), se nei mezzi di trasporto è possibile aumentare l'efficienza del più del 30%, se nei processi industriali l'efficienza energetica potrebbe essere migliorata del più del 50-70% allora l'Italia potrebbe risparmiare più del 50% dell'energia che attualmente consuma.
L’efficienza e il risparmio energetico prima delle FER o di altri interventi strutturali come il nucleare e rigassificatori?
Ovviamente sì, anche se non è ovvio a tutti, meno che mai a chi sta guidando la politica energetica del paese.
Questa è la strategia che consigliamo a chi si appresta a mettere le mani nell'energia sia che si tratti della propria abitazione o della propria azienda, sia che riguardi un comune o una provincia o una regione.
 
Indispettisce e irrita constatare che per l’elettrico si sono addirittura spalancate le porte dell’opzione nucleare, con motivazioni tecniche-ambientali opinabili e per niente convincenti (la sensazione è che ci sono altre motivazioni), e che per il termico - la voce più rilevante come peso e costo del bilancio energetico italiano – non si fa la cosa più intelligente che un paese come il nostro oggi può e deve fare: risparmiare energia, essere più efficienti, promuovendo (e obbligando se necessario) l’uso di materiali poco energivori, maggiormente durevoli e riciclabili e, soprattutto, prescrivendo soluzioni energeticamente adeguate ai tempi futuri, per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili.
 
La politica energetica in Italia dovrebbe a nostro parere spostare gli assi d’azione:
  1. dai sistemi attivi a quelli passivi (prima l’efficienza e il risparmio e poi gli impianti, con uso delle FER)
  2. dai sistemi centralizzati ai sistemi decentrati (una sorta di federalismo energetico)
  3. dalle fonti fossili (tra cui oltre a petrolio, carbone, metano, annoveriamo anche l’uranio) non disponibili sul territorio italiano a quelle rinnovabili disponibili sul territorio (spezzare la dipendenza energetica che ci lega ai paesi ed interessi discutibili o inaccettabili).
  4. dai sistemi e materiali con elevato impatto sull’ambiente (cemento, combustioni ad alta temperatura, incenerimento) a quelli con basso impatto ambientale o impatto “zero” (materiali da costruzione e tecniche costruttive che assicurano il riciclo, filiere dei materiali poco energivore, processi industriali efficienti, integrazione filiere energetiche abitazione, reti, attività primarie).
Evidenziamo che è allo studio il progetto di una direttiva UE che prescriverà per i nuovi edifici pubblici a partire dal 01.01.2015 l’autosufficienza energetica. Tali misure si estenderanno ad ogni nuova abitazione a partire dal 01.01.2019. Ogni edificio e abitazione ha la possibilità di essere “Zero Energy” o addirittura ad "Energia Positiva".
 
Sì, avete letto bene. Tra 6 anni i nuovi edifici pubblici potrebbero essere autosufficienti dal punto di vista energetico. In altre parole gli edifici saranno a bassa dispersione termica, con una trasmittanza inferiore a 10-30 kWh/m²anno, l’energia elettrica verrà auto-prodotta con sistemi FV o cogenerazione e l’energia proverrà dai sistemi di cogenerazione o geotermici o ibridi (solare termico + geotermico). Tra 10 anni saranno le nostre nuove abitazioni a rendersi autosufficienti o ad "Energia Positiva". I nuovi edifici possono trasformarsi - già da adesso - da soggetti passivi a soggetti attivi; potrebbero passare da consumatori a generatori di energia.
 
Il dibattito sulla prossima direttiva UE è arrivato anche nelle colonne del New York Times (NYT).  Nell'articolo, apparso recentemente, si osserva che in Inghilterra si sono già resi obbligatori gli standard della casa passiva con l’obiettivo di arrivare a regime per il 2016. Per inciso, il primo ministro Gordon Brown si è fatto promotore della nascita di quattro città di 2.500 abitazioni realizzate con i nuovi standard energetici. Brown ne avrebbe volute molte di più ma le lobby dei costruttori ne hanno limitato l'iniziativa.
 
Francia e Germania, osservava il NYT, stanno discutendo in modo acceso sui tempi. La Danimarca si è posta l'obiettivo per il 2020 benchè vanti esperienze fin dal 1977 sulle case passive (esperienza nella regione di Stenlose e in particolare nella citta di Egeland)
 
Tutto mondo è paese. Anche il NYR osserva che i costruttori non si dimostrano favorevoli agli edifici a "Zero Energy" perchè ci sono costi maggiori con il rischio di perdere mercato. Le esperienze danesi (Egeland) e tedesche (Friburgo) suggeriscono azioni di sostegno delle soluzioni "zero Energy" affinché si manifestino gli effetti di apprendimento e di scala.
 
L'articolo del NYT cita uno studio della McKinsey in cui si stima un risparmio di 1,3 miliardi di dollari con una riduzione di 1,1 miliardi di teCO2 investendo 520 miliardi di dollari nell'edilizia. Tanto per avere una idea delle cifre riferite alla situazione europea per ogno 10.000 € investiti il risparmio previsto nell'arco di 10 anni sarebbe di oltre 23.000 €
 
Vogliamo parlare della Direttiva edifici "Zero Energy"? Vogliamo permettere alle regioni e comuni di prepararsi per tempo come stanno già facendo Austria e Germania? Vogliamo definire e promuovere le tecnologie, le soluzioni per raggiungere questi risultati. Vogliamo evitare che qualcuno dica che da noi che è più facile fare un piano per costruire centrali nucleari piuttosto che fare un piano per realizzare centrali solari FV o eoliche o termodinamiche distribuite nel territorio? Vogliamo capire che abbiamo un giacimento di petrolio virtuale in Italia che vale 80-100 Mtep all’anno che si chiama efficienza energetica? Vogliamo renderci consapevoli che le priorità non riguardano il settore elettrico ma quello termico?
Vogliamo essere concreti e di buonsenso? Ci auguriamo proprio di sì.
 
Invitiamo i soci EnergoClub e i lettori ad inviarci le loro osservazioni e commenti.
Gianfranco Padovan