Appelli al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica

Segnaliamo ai soci e lettori di EnergoClub due recenti appelli indirizzati al mondo politico: il primo del 2 aprile 2007, di un Comitato di Docenti e Ricercatori italiani e il secondo del 5 aprile 2007 dell'associazione Galileo 2001.
La contrapposizione dei due appelli è radicale come si può desumere più avanti. Le visioni del nostro futuro energetico ci sembrano molto distanti.

L'appello del Comitato di "docenti e ricercatori delle Università e Centri di ricerca Italiani è rivolto al Prof. Prodi, Presidente del Consiglio, affinché vengano prese decisioni sagge e coraggiose per la politica energetica italiana" -http://www.ciam.unibo.it/photochem/appello.html

L'altro appello è di Galileo 2001 ed è indirizzato al Presidente della Repubblica, on. Napolitano e all'intera struttura politica italiana. Rammentiamo ai soci EnergoClub che Galileo 2001 non è nuova a queste iniziative. All'inizio del 2006 EnergoClub ebbe modo di interloquire con il prof. Ricci segnalando errori e valutazioni strumentali nella loro lettera aperta  http://www.galileo2001.it/identita/comunicati/051217_lettera_aperta.php indirizzata all'allora Presidente della Repubblica, on. Ciampi, tendenti a rilanciare il nucleare in Italia. La corrispondenza non hai mai avuto il benestare alla pubblicazione da parte del prof. Ricci.

A distanza di più di un anno Galileo 2001 ripropone un ulteriore appello al Presidente della Reppubblica, on. Napolitano, utilizzando, ancora una volta, dati e informazioni fortemente contestabili ed opinabili: http://www.galileo2001.it/identita/comunicati/070405_lettera_aperta.php
L'appello è pubblicato e commentato su "Le Scienze" al link http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Energia_e_riscaldamento_globale:_riparliamo_di_nucleare/1299665

Il testo dei due appelli sono qui sotto riportati.
Si evidenzia che entrambi provengono dal mondo della ricerca e dell'accademia italiana.

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Tratto da: www.ciam.unibo.it

Al Presidente del Consiglio
Professor Romano Prodi

Egregio Signor Presidente,

siamo un gruppo di docenti e ricercatori di Università e Centri di Ricerca. In virtù della conoscenza che ci deriva dalla quotidiana consultazione della letteratura scientifica internazionale e, per alcuni, direttamente dalle proprie ricerche, sentiamo il dovere di esprimere apprensione per l’attuale crisi, energetica ed ecologica, che colpisce la nostra epoca e che minaccia di compromettere irrimediabilmente la salute ed il benessere delle generazioni future.

Come ben sa, negli ultimi due secoli abbiamo progressivamente scoperto e utilizzato a piene mani i tesori nascosti nelle viscere della Terra che hanno nome di “combustibili fossili”. È iniziata così una nuova era che, se da un lato ha tanto migliorato la vita di una parte (piccola) dell’umanità, dall’altro ha causato gravi danni alla salute dell’uomo (malattie acute e croniche) e alla integrità dell’ambiente in ogni parte del mondo (deforestazione, specie animali e vegetali a rischio di estinzione, piogge acide…).

In particolare, l’anidride carbonica, immessa nell’atmosfera in quantità massicce (ogni kg di benzina genera 3.5 kg di anidride carbonica), sta causando l’innalzamento della temperatura della Terra (“effetto serra”) con conseguenze climatiche e idrogeologiche che secondo il parere degli scienziati potrebbero essere disastrose.

Tutto ciò non ha solo un prezzo in termini biologici o fisici, ma anche altissimi costi economici, sociali, sanitari: cifre enormi che gravano sui bilanci di tutti i Paesi.
Sappiamo bene che la facile reperibilità energetica non potrà continuare all’infinito. Infatti, è parere ormai internazionalmente condiviso che la produzione di petrolio e gas stia raggiungendo il picco e che ciò condurrà inesorabilmente al declino. A peggiorare la situazione vi è l’inevitabile incremento della popolazione mondiale che, connesso a quello dei consumi energetici, non lascia prevedere scenari ottimistici.

Ricerche scientifiche serie e attendibili hanno dimostrato che l’umanità oggi consuma le risorse rinnovabili ad un ritmo del 20% superiore alla capacità che ha la Terra di rigenerarle. Stiamo quindi andando verso una crisi molto seria e ciò che più ci preoccupa è la diffusa e spropositata disinvoltura con la quale i cittadini, ma anche gli amministratori, contribuiscono ad un inammissibile sperpero delle risorse.

Noi sentiamo il dovere di denunciare con fermezza tale situazione e scriviamo per sollecitarLa a porre il problema energia-ambiente come priorità assoluta nell’azione di governo, anche con riferimento alla politica internazionale. È necessario intervenire prima che si verifichino eventi fisici irreversibili (esaurimento di alcune risorse, forte riscaldamento del pianeta), gravi problemi di instabilità sociale (emigrazioni di massa) e guerre per il controllo delle risorse ancor più disastrose di quella irachena.

La proposta
In attesa che si giunga a una piena consapevolezza dei problemi sopra menzionati, che potranno essere risolti alla radice solo con un cambiamento del modello di sviluppo della civiltà Occidentale, alla quale purtroppo oggi si ispirano i paesi emergenti, bisogna intervenire rapidamente sul problema energetico. L’urgenza è dettata, ancor più che dal progressivo esaurimento dei combustibili fossili, dalla insostenibilità dei costi e dei danni causati dal loro uso all’uomo e all’ambiente.
Gli studiosi concordano sul fatto che nei prossimi anni ci dovrà essere inevitabilmente, seppure gradualmente, una transizione dall’uso dei combustibili fossili a quello di altre fonti di energia. In base alle conoscenze attuali, ci sono solo due possibilità: l’energia nucleare e l’energia che proviene dalle fonti rinnovabili.

Gli scriventi ritengono che la scelta dell’energia nucleare sarebbe un grave errore per molti e ben noti motivi: pericolosità degli impianti, difficoltà a reperire depositi sicuri per le scorie radioattive, stretta connessione tra nucleare “civile” e nucleare ‘militare’, esposizione ad atti di terrorismo, enormità degli investimenti finanziari, necessità di uno stretto controllo militare, aumento delle disuguaglianze tra paesi tecnologicamente avanzati e paesi poveri, scarsità delle risorse di elementi fissili. Infine, le centrali nucleari, con le tecnologie attuali o in fase di studio, produrranno unicamente energia elettrica, e questa costituisce solo una frazione del consumo energetico finale (20%).

Sollecitiamo pertanto il Governo a continuare nell’azione già intrapresa per sviluppare l’uso delle fonti di energia rinnovabile: idroelettrica, geotermica, eolica e, in particolare, solare. Il sole è, di fatto, una stazione di servizio inesauribile (splenderà per almeno altri 4 miliardi di anni) che fornisce energia gratuitamente, in modo abbondante (in un anno, una quantità pari a diecimila volte il consumo mondiale di energia) e senza sostanziali discriminazioni fra le varie nazioni della Terra.

L’energia solare, quindi, non può essere motivo di guerre fra le nazioni. Inoltre, essendo una forma di energia diluita, non può essere usata per scopi bellici e non può essere obiettivo di atti terroristici.

Infine, non può essere causa di incidenti poiché non richiede tecnologie complesse e non lascia indesiderabili eredità alle future generazioni.
Siamo convinti che, nell’ambito di un urgente Piano Energetico Nazionale, sia indispensabile favorire, con una mirata politica di incentivi e disincentivi, l’uso sempre più esteso delle energie rinnovabili e in particolare dell’energia solare nelle varie forme in cui può essere convertita (biomasse, energia termica, energia elettrica, combustibili artificiali). Contestualmente, è necessario potenziare l’attività di ricerca e sviluppo in questi campi. In alcuni Paesi (ad es. Germania, Spagna e Giappone) la decisione di favorire l’uso delle energie rinnovabili ha creato industrie fiorenti con numerosi posti di lavoro ed ha abbassato di molto i costi di produzione dei pannelli termici e fotovoltaici e degli impianti eolici.

Nel frattempo, per uscire gradualmente e senza grandi traumi dalla crisi energetica ed ecologica che si affaccia al nostro orizzonte, La esortiamo a promuovere politiche di risparmio energetico: la risposta al continuo aumento dei consumi di energia non può essere unicamente un aumento dell’offerta, ma deve concretizzarsi in un’oculata politica di contenimento della domanda. Il risparmio energetico è un concetto che deve essere ben spiegato a tutti i cittadini dei Paesi sviluppati e che dovrà diventare il primo impegno di coloro che hanno responsabilità amministrative.

Vorremmo ricordarLe che in Italia, secondo un recente studio della Commissione Europea, un risparmio energetico del 15% nei prossimi 5 anni può avvenire a costo negativo, vale a dire che sarebbe un costo il non realizzarlo! Il risparmio energetico è la riposta più immediata, efficace ed economica alla crisi incombente.

Incentivare il risparmio energetico e l’uso delle energie rinnovabili è la strada maestra per condurre il mondo sulla via della pace e per lasciare in eredità ai nostri figli un pianeta più vivibile.

 

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Tratto da: www.galileo2001.it

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

On. Giorgio NAPOLITANO

Illustre Signor Presidente,

è da tempo che l’Associazione Galileo 2001 vede con preoccupazione le decisioni assunte dai Governi e dal Parlamento italiano di ratificare il Protocollo di Kyoto. Maggiore preoccupazione manifestiamo oggi per l’ipotesi di assunzione di impegni ancora più gravosi in sede europea e nazionale relativi alla politica ambientale ed energetica.

Come cittadini e uomini di scienza, avvertiamo il dovere di rilevare che la tesi sottesa al Protocollo, cioè che sia in atto un processo di variazione del clima globale causato quasi esclusivamente dalle emissioni antropiche, è a nostro avviso non dimostrata, essendo l’entità del contributo antropico una questione ancora oggetto di studio.

In ogni caso, anche ammettendo la validità dell’intera teoria dell’effetto serra antropogenico, gli obiettivi proposti dal Protocollo di Kyoto sono inadeguati, poiché inciderebbero solo in modo irrilevante sulla quantità totale di gas serra. Totalmente inadeguati rispetto al loro effetto sul clima ma potenzialmente disastrosi per l’economia del Paese. Dal punto di vista degli impegni assunti con la sottoscrizione del Protocollo rileviamo che:

l’Italia si è impegnata a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni di gas-serra del 6.5% rispetto alle emissioni del 1990;

poiché da allora le emissioni italiane di gas-serra sono aumentate, per onorare l’impegno assunto dovremmo ridurre quelle odierne del 17%, cioè di circa 1/6;

in considerazione dell’attuale assetto e delle prospettive di evoluzione a breve-medio termine del sistema energetico italiano, il suddetto obiettivo è tecnicamente irraggiungibile nei tempi imposti.

All’impossibilità pratica di rispettare gli impegni assunti fanno riscontro le pesanti sanzioni previste dal Protocollo per i Paesi inadempienti, che rischiano di costare all’Italia oltre 40 miliardi di euro per ciò che avverrà nel solo periodo 2008-2012.

Al fine di indirizzare correttamente le azioni volte al conseguimento degli obiettivi di riduzione, occorre tenere presente che i settori dei trasporti e della produzione elettrica contribuiscono, ciascuno, per circa 1/3 alle emissioni di gas serra (il restante terzo è dovuto all’uso d’energia non elettrica del settore civile/industriale). Giova allora valutare cosa significherebbe tentare di conseguire gli obiettivi del Protocollo in uno dei seguenti modi:

sostituire il 50% del carburante per autotrazione con biocarburante;

sostituire il 50% della produzione elettrica da fonti fossili con tecnologie prive di emissioni.

Biocarburanti. Per sostituire il 50% del carburante per autotrazione con bioetanolo, tenendo conto dell’energia netta del suo processo di produzione, sarebbe necessario coltivare a mais 500.000 kmq di territorio, di cui ovviamente non disponiamo. Anche coltivando a mais tutta la superficie agricola attualmente non utilizzata (meno di 10.000 kmq), l’uso dei biocarburanti ci consentirebbe di raggiungere meno del 2% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

Eolico. Sostituire con l’eolico il 50% della produzione elettrica nazionale da fonti fossili significherebbe installare 80 GW di turbine eoliche, ovvero 80.000 turbine (una ogni 4 kmq del territorio nazionale). Appare evidente il carattere utopico di questa soluzione (che, ad ogni modo, richiederebbe un investimento non inferiore a 80 miliardi di euro). In Germania, il paese che più di tutti al mondo ha scommesso nell’eolico, i 18 GW eolici – oltre il 15% della potenza elettrica installata – producono meno del 5% del fabbisogno elettrico tedesco.

Fotovoltaico. Per sostituire con il fotovoltaico il 50% della produzione elettrica nazionale da fonti fossili sarebbe necessario installare 120 GW fotovoltaici (con un impegno economico non inferiore a 700 miliardi di euro), a fronte di una potenza fotovoltaica attualmente installata nel mondo inferiore a 5 GW. Installando in Italia una potenza fotovoltaica pari a quella installata in tutto il mondo, non conseguiremmo neanche il 4% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

Nucleare. Per sostituire il 50% della produzione elettrica nazionale da fonti fossili basterebbe installare 10 reattori del tipo di quelli attualmente in costruzione in Francia o in Finlandia, con un investimento complessivo inferiore a 35 miliardi di euro. Avere 10 reattori nucleari ci metterebbe in linea con gli altri Paesi in Europa (la Svizzera ne ha 5, la Spagna 9, la Svezia 11, la Germania 17, la Gran Bretagna 27, la Francia 58) e consentirebbe all’Italia di produrre da fonte nucleare una quota del proprio fabbisogno elettrico pari alla media europea (circa 30%).

Come si vede, nessuna realistica combinazione tra le prime tre opzioni (attualmente eccessivamente incentivate dallo Stato) può raggiungere neanche il 5% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Agli impegni economici corrispondenti si dovrebbe poi sommare l’onere conseguente all’acquisto delle quote di emissioni o alle sanzioni per il restante 95% non soddisfatto.

Esprimiamo quindi viva preoccupazione per gli indirizzi che il Governo e il Parlamento stanno adottando in tema di politica energetica e ambientale, e chiediamo pertanto:

che si promuova la definizione di un piano energetico nazionale (PEN), anche con la partecipazione di esperti europei, che includa la fonte nucleare – che è sicura e rispettosa dell’ambiente e l’unica, come visto, in grado di affrontare responsabilmente gli obiettivi del Protocollo di Kyoto – e che dia alle fonti rinnovabili la dignità che esse meritano ma entro i limiti di ciò che possono realisticamente offrire;

che la comunità scientifica sia interpellata e coinvolta nella definizione del PEN e che si proceda alla costituzione di una task force qualificata per definire le azioni necessarie a rendere praticabile l’opzione nucleare;

che si interrompa la proliferazione di scoordinati piani energetici comunali, provinciali o regionali e che non siano disposte incentivazioni a favore dell’una o dell’altra tecnologia di produzione energetica al di fuori del quadro programmatico di un PEN trasparente e motivato sul piano scientifico e tecnico-economico.